Universalismi socialmente condivisi o nietzscheana logica dell'ultimo uomo.

domenica 17 maggio 2009

LENIN E L'EMANCIPAZIONE DELLA DONNA.

Come sto dicendo da tempo, ritengo urgente ed importante ricominciare ad affrontare la realtà da un punto di vista globale, rifuggendo analisi settoriali. Ritengo sia cruciale affrontare anche le questioni antropologiche. Dopo il mio messaggio recante citazioni di Houellebecq, penso sia interessante riportare queste due lettere che Lenin scrisse in uno scambio epistolare con Ines Armand.
Ines Armand (1875-1920), seguace e collaboratrice di Lenin, nacque da padre inglese e da madre francese e svolse in Russia la sua attività politica. Le condizioni agiate della sua famiglia non la distolsero dai problemi sociali più angosciosi ma, al contrario, un interesse appassionato e costante per la vita delle masse lavoratrici si manifestò in lei fin dalla prima giovinezza e la portò rapidamente al movimento socialista. Entrata nelle file dei bolscevichi nel 1904, subì il primo arresto l'anno successivo, allo scoppio della rivoluzione democratica borghese. Due anni dopo venne deportata ad Arcangelo dal governo reazionario di Stolypin e di là fuggì nel 1909, un mese prima che scadesse il termine della condanna, per rifugiarsi prima a Bruxelles e poi a Parigi, dove continuò a dedicarsi al suo lavoro rivoluzionario.Tornò in Russia nel 1912, partecipò a Pietrogrado alla campagna elettorale per la IV Duma e fu nuovamente arrestata.Ma un anno dopo era di nuovo all'estero, corrispondente del giornale Rabotnitsa (L'operaia). Prese parte alla conferenza di Zimmerwald (1915) e a quella di Kienthal (1916) e, dal febbraio 1917, svolse il lavoro di partito a Mosca. Dopo la Rivoluzione d'ottobre si occupò particolarmente dell'organizzazione delle operaie e, nel 1919, presiedette la I Conferenza internazionale delle comuniste. L'anno seguente, stanca e malata, si recò nel Caucaso, ma le vicende della guerra civile la costrinsero ben presto ad allontanarsi e morì di colera durante il viaggio.

Lettera ad Ines Armand, 17 Gennaio 1915, Berna.

Dear friend,
lo schema dell'opuscolo raccomando caldamente di scriverlo un pò più estesamente(1).
Altrimenti troppe cose non sono chiare.

Una sola osservazione debbo fare fin d'ora:
§ 3 - la "rivendicazione (femminile) della libertà dell'amore" consiglio di sopprimerla del tutto.
Questa in effetti si risolve in una rivendicazione non proletaria, ma borghese.
In realtà che cosa intendete dire con ciò? Che cosa si può intendere con ciò?
  1. Libertà dai calcoli materiali (finanziari) nel campo dell'amore?
  2. idem dalle preoccupazioni materiali?
  3. dai pregiudizi religiosi?
  4. dal divieto del padre, ecc?
  5. dai pregiudizi della "società"?
  6. dalla grettezza (contadina o piccolo-borghese o intellettuale-borghese) dell'ambiente?
  7. dai vincoli della legge, dei tribunali e della politica?
  8. dalla serietà in amore?
  9. dalla procreazione?
  10. libertà dell'adulterio? ecc.
Ho enumerato molte sfumature (non tutte, naturalmente). Voi volete intendere di certo non i punti 8-10, ma i punti 1-7 o qualcosa del genere.
Ma per i punti 1-7 bisogna scegliere un'altra formulazione, poichè libertà dell'amore non esprime esattamente quest'idea.
E il pubblico, i lettori dell'opuscolo inevitabilmente intenderanno per "libertà dell'amore" in generale, qualcosa del genere dei punti 8-10 persino contro la vostra volontà.
Appunto perchè nella società odierna le classi più loquaci, rumorose, "altolocate" intendono per "libertà dell'amore" i punti 8-10, appunto per questo si tratta di una rivendicazione non proletaria ma borghese.
Al proletariato importano più di tutto i punti 1-2 e poi 1-7, e questo propriamente non è "libertà dell'amore".
Qui non si tratta di quello che voi soggettivamente "volete intendere" con ciò. La questione sta nella logica oggettiva dei rapporti di classe in fatto d'amore.
Friendly shake hands(2)!
W. I.

1- Si tratta di un opuscolo per le lavoratrici che poi non venne scritto.
2- Una cordiale stretta di mano.

Lettera ad Ines Armand, del 24 Gennaio 1915, Berna.

Cara amica,
scusatemi se rispondo con ritardo: volevo farlo ieri, ma sono sopravvenuti degli impegni e non ho avuto tempo di mettermi a scrivere.
Riguardo al vostro schema di opuscolo trovo che la "rivendicazione della libertà dell'amore" non è chiara e - indipendentemente dalla vostra volontà e dal vostro desiderio (ho sottolineato questo, dicendo: la questione sta nei rapporti oggettivi di classe, e non nelle vostre intenzioni soggettive) - rappresenta, nella situazione sociale attuale, una rivendicazione borghese e non proletaria.
Voi non siete d'accordo.
Bene esaminiamo la cosa ancora una volta.
Per render chiaro quello che non è chiaro ho enumerato in via di esempio una decina delle varie interpretazioni possibili (e inevitabili in una situazione di discordia di classe), notando inoltre che le interpretazioni 1-7, secondo me, sono tipiche o caratteristiche delle donne proletarie, e quelle 8-10 delle donne borghesi.
Per confutare ciò bisognerebbe dimostrare: 1) che queste interpretazioni sono errate (e allora sostiturle con altre o indicare quelle errate), o 2) incomplete (e allora aggiungere quello che manca), oppure, 3) che non si dividono in proletarie e borghesi in quel modo.
Voi non fate nè la prima, nè la seconda, e nemmeno la terza cosa.
I punti 1-7 non li toccate affatto. Riconoscete, dunque, la loro giustezza (in generale)? (Quello che voi scrivete della prostituzione delle donne proletarie e della loro dipendenza: "impossibilità di dir di no", rientra in pieno nei punti 1-7. Qui tra noi non si può scorgere alcun dissenso.)
Voi non contestate neppure che questa è una interpretazione proletaria.
Restano i punti 8-10.
Voi li "capite poco" e obiettate: "non capisco come si possa (è scritto proprio così) identificare (!!??) la libertà dell'amore col" punto 10...
Ne risulta che io "identifico" e che voi pensate di farmi una ramanzina e mettermi fuori combattimento?
Come sarebbe a dire? Che significa?
Le borghesi intendono per libertà dell'amore i punti 8-10: ecco la mia tesi.
La volete confutare? Allora dite: che cosa intendono le signore borghesi per libertà dell'amore?
Voi non lo dite. La letteratura e la vita non dimostrano forse che le donne borghesi intendono appunto questo?
Lo dimostrano in pieno!Voi tacendo lo riconoscete.
E se è così, il problema sta nella loro situazione di classe e "confutarle" è quasi impossibile e sconfina nella ingenuità.
Bisogna chiaramente separare da esse, contrapporre loro il punto di vista proletario. Bisogna considerare il fatto oggettivo che se non lo fate esse tireranno fuori dal vostro opuscolo i brani che fanno loro comodo, li interpreteranno a modo loro, trarranno dal vostro opuscolo acqua per il loro mulino, deformeranno il vostro pensiero dinanzi agli operai, "confonderanno" gli operai (seminando tra essi il timore che voi portiate loro idee estranee). E nelle loro mani hanno un mucchio di giornali, ecc.
Voi, invece, dimenticato del tutto il punto di vista oggettivo e classista, passate all'"attacco" contro di me, quasi che fossi io a "identificare" la libertà dell'amore con i punti 8-10... Strano, davvero strano...
"Perfino una passione e un legame passeggero" sono "più poetici e più puri" dei "baci senza amore" fra coniugi (volgarucci anzi che no). Così voi scrivete. E così vi preparate a scrivere nell'opuscolo. Benissimo.
E' una contrapposizione logica? I baci senza amore fra coniugi volgari sono una sozzura. D'accordo. Ad essi bisogna contrapporre... che cosa?... Parrebbe: i baci con amore? Voi invece contrapponete loro la "passione" (perchè non l'amore?) "passeggera" (perchè passeggera?): ne risulta, secondo la logica, che i baci senz'amore (passeggeri) vengano contrapposti ai baci coniugali senza amore... Strano. Per un opuscolo popolare non sarebbe meglio contrapporre il volgare e sudicio matrimonio-contadino-intellettuale-piccolo-borghese senza amore (punto 6 o 5 del mio elenco, mi sembra) al matrimonio civile proletario con amore (aggiungendo se proprio assolutamente lo volete, che anche il legame-passione passeggero può essere sudicio, come può essere anche puro). Nel vostro ragionamento è venuta fuori non la contrapposizione di tipi a base classista, ma qualche cosa del genere di un "caso", caso possibile, senza dubbio. Ma si tratta forse di casi? Se si assume il tema di un caso, di un caso individuale di baci sudici nel matrimonio e puri in un legame passeggero, esso va sviluppato in un romanzo (poichè qui il nocciolo sta interamente nella situazione individuale, nell'analisi dei caratteri e nella psiche di determinati tipi). Ma in un opuscolo?
Voi avete capito molto bene il mio pensiero a proposito della citazione non pertinente della Key(1), dicendo che è "assurdo" atteggiarsi a "professori ès(2) amore".
Precisamente. Ma, dite, e atteggiarsi a professori ès passione, ecc. ?
Veramente non mi va affatto di polemizzare. Butterei via volentieri questa mia lettera e rimetterei la cosa a una conversazione. Ma vorrei che l'opuscolo riuscisse bene, che nessuno potesse pescarvi delle frasi per voi spiacevoli (a volte basta una sola frase per guastare tutto il resto...) e che nessuno potesse fraintendervi. Son certo che anche qui avete scritto "senza volerlo", e invio questa lettera solo perchè forse, dopo aver letto le mie lettere, riesaminerete lo schema più accuratamente che non in seguito a conversazioni; perchè lo schema è una cosa molto importante.
Conoscete una socialista francese? Traducetele (fingendo di farlo dall'inglese) i miei punti 1-10 e le vostre osservazioni sulla "passione" ecc., e osservatela, ascoltatela attentamente: sarà un piccolo esperimento di ciò che diranno gli estranei, delle loro impressioni, di ciò che si aspettano dall'opuscolo, non vi pare?
Una stretta di mano e vi auguro di soffrire un pò meno di mal di capo e di rimettervi in salute al più presto.
V. U.

1- Ellen Key (1849-1926), scrittrice borghese svedese; s'interessava delle questioni relative al movimento femminile e all'educazione dell'infanzia.
2- In.

Lettere tratte da. "L'emancipazione della donna - Lenin", Editori Riuniti, 1977 (1970), a cura di Enzo Santarelli.

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